C’è un elemento che più di tutti gli altri (che come abbiamo visto vacillano) è risultato schiacciante per la condanna di Lorenc Smoqi: nei vestiti da lui indossati in quel pomeriggio del 7 gennaio 2009 viene trovato il sangue della vittima, Luigi Del Percio.
Marina Baldi, genetista forense di fama internazionale (tra gli ultimi casi di cui si è occupata, ricordiamo il ritrovamento del “presunto” flauto di Emanuela Orlandi), ha seguito fin dall’inizio la vicenda di Smoqi e per la difesa del giovane albanese ha redatto, con il Dottor Francesco Fiorentino, una relazione tecnica proprio su queste tracce. Chiediamo quindi a lei di spiegarci il significato di quello che, almeno apparentemente, è un importante riscontro scientifico della colpevolezza di Smoqi.
Dottoressa Baldi, quante tracce ematiche riconducibili a Luigi del Percio vengono trovate addosso a Smoqi, e dove si collocano?
Le microtracce sono due. La prima si trova sulla fascia laterale esterna della scarpa sinistra di Smoqi, mentre la seconda si trova in prossimità dell’apertura della tasca sinistra del giaccone che Lorenc indossava quella sera. Nulla invece è stato individuato sia a carico di tutto il resto del giaccone, né negli altri indumenti, come nessuna traccia di DNA di Lorenc è stata riscontrata su quelli della vittima (misteriosamente scomparsi poco dopo poco dopo essere giunti alla caserma di Grigno, ndr).
Dunque una prima precisazione: non si tratta di tracce ma di microtracce. Che cosa si intende con questa definizione?
Microtraccia è un termine generico che indica qualcosa che non è visibile ad occhio nudo, ma solo al microscopio. In effetti la piccola macchia di sangue che gli inquirenti hanno riscontrato sulla scarpa dello Smoqi, che apparteneva alla vittima, non era visibile ad occhio nudo, ma è stata ben individuata solo con l’osservazione alle luci forensi.
Visibile o no, sta di fatto che il sangue della vittima in qualche modo è finito sulla scarpa di Smoqi. Dottoressa Baldi, come si spiega ciò?
I reperti sequestrati allo Smoqi sono stati mal conservati, in quanto non sono stati isolati in maniera corretta dagli indumenti della vittima che erano intrisi di sangue. Quindi una possibilità è quella che vi sia stata una contaminazione nel momento in cui gli indumenti dell’uno e dell’altro sono stati inseriti nello stesso scatolone. Ma ancora più significativa è la possibilità che la scarpa si sia contaminata con il passaggio di Lorenc sulla scena del crimine. Il sangue di Del Percio era ovunque, la neve era intrisa di sangue e ci sono molte impronte di scarpe, riconosciute poi come appartenenti agli operatori sanitari che hanno tentato di rianimare la vittima in limine mortis. Quindi, dato che lo Smoqi era presente nei pressi della scena del crimine nelle ore successive al delitto, riteniamo che sia stato molto facile che una scarpa abbia potuto entrare in contatto con la neve piena di sangue e si sia potuta contaminare con una microtraccia di sangue. Probabilmente molte delle scarpe dei presenti, se analizzate avrebbero presentato contaminazione, anche più consistente di quella rilevata sulla scarpa di Lorenc.
E per quanto riguarda la microtraccia sul giaccone? Nelle motivazioni alla sentenza di Appello si legge: “il perito d’ufficio ha in sostanza escluso la possibilità di attingere elementi di prova da alcune delle tracce ematiche [ergo 1 altra microtraccia] individuate sui capi d’abbigliamento dell’imputato…., giungendo infine a confermare la riferibilità alla vittima solo ed unicamente della traccia ematica [ergo 1 microtraccia] rinvenuta sulla scarpa dello Smoqi….”. Quindi solo la microtraccia sulla scarpa può considerarsi una “prova” a carico di Smoqi. È proprio questo il punto.
Possibile che l’assassino di Del Percio abbia solo una microtraccia riconducibile al sangue della vittima? Non dovrebbe essersi sporcato maggiormente durante la colluttazione e la fase omicidiaria?
Assolutamente sì – afferma Marina Baldi – La scena del crimine è piena di sangue della vittima, schizzi ematici sono presenti sulla parete e sulla vetrata della biblioteca. Quindi vi è stata una forte emorragia dovuta alle lesioni profonde che ha generato degli schizzi di sangue all’esterno del corpo, che hanno colpito tutto ciò che era intorno alla vittima. È quindi incomprensibile come si possa pensare che l’assassino, e solo lui, non si sia copiosamente sporcato del sangue della sua vittima!
La vittima indossava anch’essa un giaccone pesante, che potrebbe aver trattenuto il sangue che fuoriusciva abbondantemente dalle ferite. Per questo, forse, se il giaccone di Del Percio fosse stato abbottonato, o comunque chiuso, l’assassino potrebbe non essersi sporcato. È stato possibile stabilire se nella fase omicidiaria questo giaccone fosse aperto o chiuso?
Che il giaccone fosse aperto lo dimostra il fatto che non vi sono particolari tagli dovuti al passaggio della lama e che il sangue è schizzato ovunque. Gli schizzi sono anche sugli stessi jeans del Del Percio e sono schizzi che sono stati proiettati con forza dalla ferita. Non si tratta di colature dall’alto in quanto questa modalità di contaminazione avrebbe lasciato vere e proprie striature sulla stoffa e non gocce, che poi sono scolate sui jeans, ma che hanno un preciso punto di impatto.
È possibile che Del Percio durante la colluttazione, almeno in una prima fase, non abbia perso sangue e di conseguenza il suo assassino non si sia sporcato?
Sinceramente non lo credo possibile. Le coltellate sono state molto profonde e violente e il Del Percio ha iniziato subito a perdere sangue in modo copioso. Inoltre l’assassino ha portato via lo zaino che la vittima indossava e quindi si è certamente avvicinato, lo ha toccato e manipolato per asportare lo zaino che la vittima aveva sulle spalle, sia nel caso che abbia tagliato le bretelle, sia e soprattutto nel caso che le abbia sfilate dalle spalle del poveretto che era ormai moribondo.
Come si evince da quanto fin qui raccontato, indipendentemente da chi sia l’assassino di Luigi Del Percio, in questa vicenda sono state commesse quantomeno alcune importanti “leggerezze” nella gestione della scena del crimine e dei reperti. Torniamo a parlare degli abiti della vittima, e lo facciamo con la criminologa Roberta Bruzzone.
Dottoressa Bruzzone, com’è possibile che gli abiti di Del Percio siano spariti?
Quegli abiti sono stati consegnati a un carabiniere che evidentemente li ha portati in caserma, ma da lì si sono perse le tracce. A noi resta la descrizione che ci fornisce il medico legale, ma non abbiamo avuto la possibilità di analizzarli. Questi abiti sarebbero stati molto utili perché avrebbero potuto avere tracce dell’aggressore, ma sono scomparsi prima che chiunque li potesse analizzare. Il medico li descrive e basta, sulla base delle lesioni subite dalla vittima. Insomma è solo una descrizione visiva, quindi nessuno può escludere che vi fossero tracce dell’aggressore. Gli abiti, inoltre, erano stati riposti tutti insieme in un sacco nero della spazzatura ancora insanguinati e umidi.
Come ci ha confermato anche la Dottoressa Baldi, sulla scena del delitto c’era molto sangue, eppure Smoqi ha solo una microtraccia sulla scarpa riconducibile alla vittima. Secondo lei ciò è compatibile col fatto che sia lui l’assassino?
Assolutamente no. Sulla scena del delitto c’erano anche delle tracce a spruzzo, perché la vittima è stata attinta a un distretto arterioso. C’è uno schizzo a 1,20 metri di altezza, quindi che l’aggressore non si sia minimamente sporcato è impossibile, o quantomeno altamente improbabile.
Lei come si spiega allora la presenza di quella microtraccia sulla scarpa di Smoqi?
Il ragazzo è stato fatto salire sulla macchina sulla quale era precedentemente salito il pm che aveva camminato sulla scena del crimine senza calzari. Per questo molto verosimilmente la macchina era stata contaminata. Sicuramente, se ci fosse stata un’attività di ricerca delle tracce all’interno della macchina, sarebbe risultata positiva al sangue di Del Percio, dal momento che al suo interno c’era stata gente che aveva camminato sulla neve sporca di sangue.
Questa è la storia del delitto della biblioteca di Grigno. Una storia di cui entro quest’anno verrà scritto il terzo e ultimo capitolo. I primi due hanno visto Lorenc Smoqi colpevole. A nostro avviso alcuni presupposti per un finale diverso ci sono, ma sarà la giustizia a fare il suo corso e, come sempre, le sentenze andranno rispettate.
Prima di concludere vogliamo però scambiare alcune battute con l’avvocato Lorenzo Tornielli, che da sempre difende Smoqi con passione e determinazione. È lui che più di tutti può raccontarci il Lorenc di oggi, detenuto presso l’Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Reggio Emilia da oltre 4 anni.
Come trascorre Lorenc le sue giornate?
Lavora come imbianchino, come addetto alle pulizie e come aiuto cuoco e si dà molto da fare: è quindi adorato da tutti i detenuti suoi colleghi, oltre che dal personale carcerario e dai medici.
In questi anni di carcere com’è stata la sua condotta? Ha dato segni di una qualche patologia a livello psicologico?
La sua condotta è stata impeccabile, certamente è affetto da patologie psichiatriche (assolutamente non violente) per le quali è sufficiente un’iniezione ogni 21 giorni e lui sta benissimo.
Lorenc riesce a fare qualche progetto per il futuro?
Non desidera altro che tornare in famiglia e dai suoi cari. Ha una figlia, Gioia, nata quando lui era già in carcere, che quindi non l’ha mai visto in casa come padre.
Fonte: Cronaca-nera.it